Il "professore fascista" che amava remare sempre controcorrente (di Flavia Perina - "Il Secolo" 3-12-2010)

 

Quando nel 1976 finimmo l'esame di maturità - tutti promossi, compreso chi aveva fatto due mesi di assenze ingiustificate - gli regalammo una costosissima chitarra acustica blu. Paolo Signorelli era stato il nostro "membro interno" in Commissione e sapevamo che la sua passione era suonare. Aveva un repertorio bizzarro, i suoi pezzi forti erano Il mercenario di Lucera e le canzoni romanesche, con una predilezione per Il Barcarolo (quello che «va controcorrente, e quando canta il canto s'arisente»). Paolo era il "professore fascista" del Liceo Gaetano De Sanctis di Roma, negli anni più caldi della contestazione, e spiazzava tutte le categorie dell'epoca. Avrebbe dovuto essere, secondo lo stereotipo corrente dell'insegnante di destra, un fanatico dell'ordine, della severità, del 5 in condotta, dell'aderenza alle regole e al programma, della disciplina, e invece era l'esatto contrario. Le sue lezioni di storia erano libero terreno di dibattito e talvolta (con chi reggeva i ritmo) di scontro. Simpatizzava per l'irregolarità e l'anticonformismo, parlava volentieri di politica senza mai dare l'impressione che agli studenti "convenisse" uniformarsi alle sue idee. Non ha mai regalato un sei ai ragazzi di destra che erano nelle sue classi (e che magari incontrava, il pomeriggio, nei convegni o nelle manifestazioni), né sanzionato uno di sinistra, ma molti anni dopo abbiamo saputo che telefonava a casa ai più "indietro", quelli perennemente sull'orlo della bocciatura, per suggerirgli le domande alla vigilia di una interrogazione "di salvataggio". Quando fu arrestato, nell'atto di accusa dei giudici di Bologna venne descritto come un cattivo maestro, corruttore e manipolatore di giovani anche in virtù della sua professione. Mezzo De Sanctis, compresi quasi tutti i "compagni", firmò una lettera ai magistrati per smentire il teorema e raccontarlo come veramente era. Con noi militanti del Msi o del FdG, lui che era caratterialmente insofferente a ogni chiesa di partito, era spesso beffardo, ironico. Insomma, ci prendeva in giro. Ieri su qualche blog, annunciando la sua morte, lo hanno definito "l'innamorato dei Repubblichini di Salò", ma chi lo conosceva bene sa che se avesse avuto l'età sarebbe entrato e uscito pure dal Pnf come fece dal Movimento sociale, inseguendo il sogno della purezza rivoluzionaria e l'estetica dell'uomo libero che era il suo tratto distintivo. Avrebbe remato controcorrente anche nella Rsi, Signorelli, e anche lì avrebbe cantato cose amare contro l'imborghesimento dell'età adulta, «la moglie grassa, il mutuo e la pancera», come dice una memorabile strofa del Mercenario. Adesso che dobbiamo salutarlo per sempre viene da piangere anche per questo, per le illusioni che abbiamo condiviso con incoscienza e allegria, oltre ogni litigio e diffidenza, oltre le differenze anagrafiche e i ruoli, in quegli incredibili anni Settanta. (f.p.)