INTERVISTA

 

di Antonella Ricciardi 
In questa intervista, l’ideologo Paolo Signorelli illustra alcune delle ultime vicende e questioni politiche che lo hanno visto protagonista, sempre in posizione di avanguardia e non conforme. Nato a Roma, laureato in Scienze Politiche, Paolo Signorelli è stato insegnante di alcune lingue straniere, e poi di storia e filosofia, oltre che giornalista e scrittore di opere politico-giudiziarie e di poesie. Già militante del M.S.I., poi di Ordine Nuovo, e del Fronte sociale Nazionale, ha spesso pagato di persona lo scotto per le sue posizioni controcorrente, in particolare avendo trascorso ingiustamente 10 anni in prigione a causa dell’accusa infondata di avere avuto un ruolo nella carneficina alla stazione di Bologna del 1980. Ultimamente, Paolo Signorelli è uscito dal Fronte in dissenso con gli ultimi accadimenti in quel partito: non è stato certo l’unico, dato che l’ha seguito l’intera componente dei socialisti nazionali di quella formazione (che conferivano l’aggettivo “sociale” al gruppo), tra cui in particolare Ernesto Ferrante, di Cesa, in Campania, che ricopriva la carica di coordinatore regionale, oltre ad essere membro della direzione nazionale del Fronte. Paolo Signorelli rimane, coi suoi militanti, sempre teso nell’evitare l’inferno e la palude conformistica cui conducono posizioni pienamente assoggettate al potere dominante di turno, e continua il suo impegno, anche all’insegna del garantismo giudiziario, nella comunità politica Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale, oltre che nel trasversale Movimento Zero di Massimo Fini. Questo sodalizio è particolarmente significativo, anche a causa della diversità di origini tra i due: Massimo Fini, già noto giornalista e scrittore, ha un’origine politica di sinistra… inoltre, pur avendo alcune ascendenze ebraiche da parte di madre, ha dichiarato di non considerarsi ebreo, non essendo stato in alcun momento della sua vita seguace dell’Ebraismo, e non condividendone diversi tratti, oltre ad avere assunto posizioni non conformiste a favore della libertà di Erich Priebke, in nome del diritto (ricordiamo che di Priebke è stata anche molto criticata la recente vacanza vissuta sul lago di Como, che comunque per legge gli spettava).
D.) Da quando hai lasciato il Fronte sociale Nazionale, in dissenso con la propensione mostrata da Alternativa Sociale, la coalizione di cui è parte, a venire a patti con la Casa delle Libertà, hai aderito a due movimenti politici: il Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale, che s’ispira all’ala sinistra del fascismo, ed il Movimento Zero, di natura trasversale, fondato dal giornalista e scrittore Massimo Fini. Entrambe le associazioni considerano superati i concetti, di origine ottocentesca, di destra e sinistra. Del resto, il fascismo stesso è sempre stato definito una terza via tra marxismo e capitalismo… Puoi spiegare in modo più esteso in cosa consista questa idea di essere al di là della destra e della sinistra, in riferimento soprattutto al contesto attuale?
R.) La mia decisione di abbandonare il FsN non è stata conseguente ad un dissenso con Alternativa Sociale per la sua propensione a venire a patti con la CdL: il mio distacco dal Fronte è antecedente. Le motivazioni sono state altre. Sono state di carattere essenzialmente politico e, quindi, organizzativo. Intendendo con questo termine i modi di concepire la Forma-Partito e di conseguenza le strutture dirette a realizzare su posizioni vincenti la lotta nei confronti del sistema di potere nazionale e sopranazionale. Ho insomma, ed esiste una vasta documentazione in tal senso, cercato in ogni modo di fare del Fronte il Partito di orientamento e di riferimento per l’Area vasta che conta eccezionali potenzialità antagoniste. Un’Area che va ben oltre le asfissie della sedicente Area nazional-popolare d’ispirazione neofascista o, se più piace, di destra radicale. I termini dello scontro epocale non possono essere concepiti come contrapposizione tra destra e sinistra (espressioni concettuali prive di significato reale) ma come riaffermazione di Idee Forza capaci di creare forme autentiche di resistenza al dominio mondialista e globalizzante. Idee che possono rinvenirsi soltanto nel comunitarismo, con la riaffermazione delle Comunità di Popolo e, quindi, della riscoperta delle identità e delle culture negate.
Mi si chiede cosa significhi essere al di là della destra e della sinistra. La risposta è nelle cose già dette. Ma per essere ancora più puntuali e sgombrare, quindi, il campo da fraintendimenti spostiamoci per analogia sullo scenario internazionale. Oggi all’artificiosa dialettica Occidente-Oriente si è sostituito il rapporto reale – politico e non geografico – Nord-Sud. Bisogna sapersi collocare al Sud di un’Idea, contro l’idea del Nord industrializzato e “progressista”, che coincide come topos con l’Occidente, ed in collegamento, non soltanto ideale ma anche operativo, con i Popoli che si battono per la loro autodeterminazione e per la loro indipendenza contro il disegno mondialista delle centrali di Superfinanza. Dall’Irlanda, alla Palestina, all’Irak, alla Siria, all’Iran, a tutto il cosiddetto Terzo Mondo ovunque nel Sud c’è chi ancora si ribella e combatte creando antagonismi contro l’arroganza mercantilistica .
Questo, anche questo, avrebbe dovuto rappresentare il Fronte. Mirando alla ri-conquista del Territorio (non solo geograficamente ma anche concettualmente inteso) occupato dalle cosche partitiche, giudiziarie e sindacali al servizio delle Banche. Ed invece il FsN ha per anni esaurito le sue energie e usurato la sua militanza giovanile in una serie di inutili tornate elettorali nell’illusione di acquistare visibilità politica. Dimenticandosi della sua funzione sociale e lasciando ai new-global l’iniziativa antagonistica. Falsa, oltretutto, perché integrata (e foraggiata) nel sistema di potere.
Alternativa Sociale è altra cosa. Nasce dall’innaturale coalizione con formazioni politiche, non organiche al nostro progetto, quali Forza Nuova e Libertà di Azione della signora Floriani. Allora intervennero la mia presa di posizione contro la Segreteria del Fronte e le mie dimissioni dalla Direzione Nazionale. Che divenne dopo il Congresso di Montesilvano rottura definitiva. Non accettai la coalizione con i papisti e con la soubrette, ancora prima che Alternativa Sociale si ponesse al rimorchio della CdL, suggellando così, con il mercimonio delle idee, il tradimento della militanza.
D.) La nuova legge proporzionale, per quanto spesso considerata meno iniqua della precedente legge maggioritaria con quota proporzionale, ha comunque sbarramenti troppo alti per formazioni ancora di piccole dimensioni. Infatti, ottengono seggi alla Camera le liste che superano il 2% se facenti parte di una coalizione che ha ottenuto almeno il 10%, mentre per le liste non coalizzate lo sbarramento è al 4%, come nella quota proporzionale, appunto. Al Senato, su base regionale e non nazionale, è ancora peggio: sono previste soglie del 3% per i facenti parte di una coalizione, al 20% per le coalizioni, all’8% per i non coalizzati. Inoltre, il premio di maggioranza garantisce ai vincitori un premio di maggioranza del 54% alla Camera, al Senato del 55%. In questa situazioni, ci sono speranze che questi due movimenti o almeno uno di essi possa diventare partito? E se sì, in che modo pensate di procedere?
R.) Sullo scenario esistente e nella dimensione attuale caratterizzata dall’appiattimento omologo di tutte le formazioni politiche sulle posizioni di servaggio nei confronti delle centrali usurocratiche sopranazionali, è per noi impensabile attardarsi a considerare le “forme del politico” in termini elettorali. Quale importanza può avere la nuova legge elettorale per chi rifiuta la democrazia rappresentativa? Personalmente se avessi nutrito ambizioni elettorali avrei in altro tempo potuto senza sforzo accomodarmi su qualche poltrona dell’angiporto parlamentare. Le mie scelte sono state altre. E rimangono “altre”. Indirizzate, se mai, verso un radicamento sul territorio anche con il ricorso a liste trasversali, in una sorta di “localismo” in linea con il progetto comunitario e mirato come “funzione di servizio” per i cittadini. Comunque noi non guardiamo al partito ma al progetto politico alternativo. Nelle prossime elezioni il Movimento Zero è per “Zero Voto”. Quanto alle Comunità, opereranno attivamente per spingere il Popolo verso l’astensionismo.
D.) Quali sono i principali aspetti programmatici, riguardo la politica estera e sociale, che accomunano il Fronte di Liberazione per un Socialismo Nazionale e Movimento Zero?
R.) I militanti usciti dal Fronte si sono, per lo più, riconosciuti nelle Comunità di Socialismo Nazionale, ormai radicate su tutto il territorio nazionale. Le Comunità non sono strutturate come Movimento: costituiscono un momento di aggregazione e fanno laboratorio politico. Cercando di dettare le giuste cadenze per la creazione del Movimento di Liberazione Nazionale, utilizzando strumenti di comunicazione dinamica e d’intervento sociale sul territorio.
Per quanto riguarda la mia adesione al Movimento Zero essa è stata determinata dalla condivisione del Manifesto contro la modernità e la democrazia di Massimo Fini. Un manifesto condiviso in cui si parla di rifiuto della destra e della sinistra e della democrazia rappresentativa e di lotta contro la globalizzazione, di difesa delle “piccole patrie” e di un‘Europa svincolata dalle centrali del mondialismo. Un progetto in nuce che per la sua forza suggestiva e propositiva potrebbe condurre a costituire un movimento trasversale di popolo proiettato anche – ed è scritto – verso la disobbedienza civile globale per la realizzazione di un Fronte di liberazione. E’ facile vedere la coincidenza tra talune formulazioni dottrinarie e di lotta del Movimento Zero e quanto sostenuto dalle Comunità di Socialismo Nazionale.
D.) C’è una relazione particolare tra M.Z. ed il F.L.S.N.? E potrebbe nascere, sulla base di questi movimenti, una confederazione di gruppi politici che si rifacciano a prospettive ed ideali condivisi?
R.) Comunque tra i due movimenti non c’è al momento alcuna relazione particolare, anche se moltissimi militanti provenienti dall’esperienza frontista hanno aderito all’iniziativa di Massimo Fini. Staremo a vedere cosa potrà accadere in termini di progettualità operativa.
Siamo all’Anno Zero. Di lì noi intendiamo partire. Non dimenticando che sono in cantiere altri progetti movimentisti intesi alla creazione di una federazione delle forze concorrenti e non-conformi che hanno come fine comune la creazione di un articolato Fronte di Liberazione.
D.) Sei sempre stato molto attento alla situazione della giustizia italiana che, dopo le vicende processuali che ti hanno ingiustamente coinvolto, hai anche seguito attraverso la collaborazione con il giornale Giustizia Giusta, noto per il suo impegno garantista e per il diritto. Quali sono le tue principali proposte su questa tematica, ed in che relazione sono con le due sopra citate associazioni politiche?
R.) Rifiuto il riferimento alle mie vicende processuali come momento di presa di coscienza dell’esistenza di una “giustizia ingiusta”. Nel tempo della desacralizzazione del Diritto, non la sola giustizia italiana merita di essere puntualmente e spietatamente analizzata. Viviamo la dimensione, ormai, della giustizia globalizzata con cui si perseguono – fuori di ogni confine e di ogni regola – i non-conformi. All’Aja e a Bagdad si processano (nella logica di Norimberga) i vinti e dalle tante Guantanamo giungono gli echi dell’orrore. In un’Europa dominata dalla Banca centrale, politici “illuminati” hanno ratificato l’ignominia giuridica di un mandato di cattura che consente il sequestro e la deportazione di un cittadino nelle carceri di un Paese non suo per fatti che nel suo Paese non costituiscono reato. E lo psicoreato non appartiene più ad una previsione orwelliana ma alla realtà di un tempo in cui la repressione degli eretici e dei ribelli è di applicazione continua.
Per quanto riguarda lo stato della Giustizia in Italia a tutti è consentito constatare – solo che lo voglia – come la magistratura sia andata nel tempo esercitando un potere a dir poco “anomalo”. Grazie all’inerzia ed alla viltà dei politici il Partito dei Giudici ha storicamente realizzato la via giudiziaria al potere. Le lamentazioni berlusconiane contro la persecuzione delle “toghe rosse” sono strumentali. Intanto perché le toghe non hanno colore ma sono casta; e quindi perché in cinque anni di governo non una sola riforma (se non d’interesse “privato”) è stata fatta. Sarebbe bastata una legge sulla separazione delle carriere a mitigare l’arroganza dei professionisti dell’antimafia e dei magistrati teorematici. Nulla. In realtà i magistrati sono divenuti “camerieri dei banchieri”, spesso più affidabili dei politici. Il caso Antonveneta e l’Operazione “mani pulite” ne sono la dimostrazione. In una tale situazione non vale più attardarsi su improbabili progetti di riforma. La Giustizia non va riformata ma liberata. Per restituire ai cittadini le garanzie ed i diritti di cui vengono quotidianamente rapinati. Checché ne dicano i forcaioli di professione e i “girotondini” di complemento.