“MANI PULITE” DICIOTTO ANNI DOPO
“MANI PULITE” DICIOTTO ANNI DOPO
Noi che non abbiamo rendite di posizione da
difendere né ciarlatani da osannare rifiutiamo
il post-garantismo degli ecumenici
professorini della PdL. Noi non stiamo con gli
adulatori di ieri divenuti poi ipocritamente
accusatori: noi siamo quelli che stanno con
tutti coloro che ingiustamente sputano nelle
celle il loro dolore. Dove erano lor signori
diciotto anni fa? A declamare
borrellianamente insieme all’epistemologo
Marcello Pera che “occorreva una nuova
Resistenza, un nuovo riscatto e poi una vera,
radicale, impietosa epurazione”. O ad
acclamare Maurizio Gasparri quando, in
orgasmo delirante, urlava alle folle “Di Pietro è
meglio di Mussolini!”. Tacciano ora per
pudore. Lascino in disparte e necrologi e
omelie e cerchino, se ne sono capaci, di
contrastare i mostri nelle mani dei quali con la
loro dabbenaggine di impotenti hanno
consegnato le sorti della Colonia Italia.
Che non s’inventino niente abbandonandosi
oggi alla recita sguaiata dei “diciotto anni
dopo”.
Per anni il silenzio dei vili si accompagnò alle grida dei
potenti, grida amplificate da una stampa organica,
da sempre prona ai desiderata dei signori del potere.
Cercai invano che qualche onesto uomo o qualche giornalista
d’inchiesta avesse il coraggio di riprendere quanto da
me affermato nel dicembre del 1993 su “Pagine Libere”
quando, scrivendo “In difesa di Ghino di Tacco”, tentai
d’infrangere il muro del conformismo spiegando come
l’azione “moralizzatrice” del Pool milanese si fosse sviluppata
parallelamente all’operazione “privatizzazioni selvagge”.
Si dovette attendere la fine del 1996 per ascoltare i primi
sussurri sommessi di chi – provenendo dalla nomenklatura
del “vecchio” regime – iniziò ad insinuare che Tangentopoli
fosse stata un’operazione suggerita da gruppi di
oltre Oceano. Tra i sussurratori vi fu l’ex ministro Scotti
che, da buon chierico, indicò nel solito defunto la fonte
delle sue “conoscenze”. “Fui informato dal prefetto
Parisi…” La guardia Parisi sapeva, Parisi informava.
Parisi era morto. E però sarebbe stato possibile ad un osservatore
non conformista riuscire, se non a disegnare, a intravedere
gli scenari in cui inserire gli avvenimenti politicogiudiziari
che caratterizzarono la storia italiana dei primi
anni ’90. Ma il conformismo regnò sovrano ed ai sussurri
non seguirono le ricostruzioni e le denunce.
Bisognò attendere la vigilia del decennale di Tangentopoli
perché l’esternatore Francesco Cossiga – già estimatore
plaudente di Di Pietro – intervistato da Arturo Gismondi
se ne uscisse fuori sostenendo che “i cosiddetti poteri
forti accettarono la rivoluzione giudiziaria come la possibilità
di un ricambio politico a loro favore”. L’ineffabile
omise di dare un nome ai “poteri forti” identificandoli,
quindi, nei Brothers di Superfinanza e parlò di “accettazione”
e non di “promozione” di tutta l’operazione a
regia.
Ed allora, tanto per esser chiari e per non lasciare
spazio ad equivoci, mi vedo costretto a riprendere quelle
mie riflessioni del lontano dicembre 1993.
“Ritengo – sostenevo – che l’attribuire all’operazione
“mani pulite” una valenza positiva soltanto per il fatto che
taluni magistrati hanno scoperto e perseguitato le infamie
ed i ladrocinii che per più di quaranta anni hanno caratterizzato
il far politica della classe dirigente democratica, costituisca
un atteggiamento riduttivo. Perché in un preciso
momento storico quei magistrati, che tutto avevano potuto
vedere e conoscere, si sono trasformati in moralizzatori di
professione? E’ possibile credere che una casta togata che
per decenni ha tratto dalla politica vantaggi e privilegi e,
quindi, è stata complice con le cosche partitiche finanziarie
occupanti, in nome e per conto del padrone occidentale, la
colonia Italia; che ha operato in sintonia con le centrali
politiche per conservare e rafforzare il sistema, assecondando
costruite emergenze, amministrando la giustizia per
campagne, criminalizzando gli antagonisti; che ha inserito i
suoi elementi “di punta” nelle istituzioni parla mentari e di
apparato si sia improvvisamente ravveduta? È, dunque,
possibile credere che tale casta abbia deciso di giocare a caso
la carta della “moralizzazione” e della conseguente contrapposizione
con gli altri poteri dello Stato? È pensabile
che il “risveglio” dei giudici sia intervenuto inciampando
nella borsa di Mario Chiesa? L’ “inciampo” può giustificare
al più l’attivazione di Di Pietro, non certo la campagna diretta
contro i tangentocrati dello Stato.
È allora necessario chiedersi da dove sia giunto l’input a
muoversi. Cercare di comprendere il disegno dell’operazione
“mani pulite” che vede ancora i giudici complici di
un potere apparentemente altro da quello dei “vecchi” partiti
e gruppiche prima ne avevano la delega.» Ed ancora
«Andiamo ai fatti. Il 2 giugno 1992 a bordo dello yacht
Britannia i signori dell’usura e della finanza decisero la
strategia dell’attacco contro gli “stati” europei per privarli
della sovranità monetaria dopo averli, da lungo tempo, privati
della sovranità nazionale. Parola d’ordine: “privatizzazioni”
e annientamento di quanti si oppongono ad esL’opposizione è rappresentata dai partiti socialisti. Ha ,
dunque, inizio la campagna scandalistica intesa a colpire i
dirigenti non allineati dei partiti socialisti europei…
Sul Britannia, per quanto riguarda l’Italia, sono presenti
i dirigenti Eni, Agip, Iri, Ambroveneto, Crediop, oltre a
funzionari Comit, delle Generali e della Società Autostrade.
Per il Ministero del Tesoro, Mario Draghi. Accanto a costoro,
ma in ovvia posizione di preminenza, i rappresentanti
della Bzw, della Baring & co, della S.G. Warburg. Presiede
la riunione Soros. L’Italia deve divenire territorio di conquista
delle lobbies multinazionali anglo-americane. A Giuliano
Amato viene affidato il compito di preparare –
esasperando i dati del debito pubblico – l’operazione “privatizzazioni”.
Un’operazione la cui messa a punto prevede
l’intervento di Ciampi, uomo di Bankitalia, del Fmi ed
espressione degli interessi della Banca mondiale… Sono
ben note le conseguenze monetarie intervenute a seguito
delle decisioni prese sul Britannia – e confermate ad Atene
– dai signori della finanza internazionale.
D’altronde la strategia di espansione delle grandi finanziarie
angloamericane viene da lontano ed ha nome
Bildberger, Goldman Sachs, Merril Lynch, Salomon Brothers,
Ocse e Trilateral. Manipolazione del prezzo del petrolio
e del valore della moneta, predominio finanziario e privatizzazioni…
Un déjà vu del crimine.
Ciò che non è noto o non vuole essere visto dai fans di
Di Pietro – primi tra tutti i reduci della “doppia pena di
morte” – è che per realizzare il piano di aggressione delle
aziende di Stato si rendeva necessario eliminare l’opposizione
del Psi incentrata su Craxi. L’uomo di Sigonella,
difensore “romantico” della sovranità nazionale, leader
dello schieramento che aveva rifiutato la linea “dura” per
Moro, che aveva liquidato l’arco costituzionale, che si era
battuto contro l’antifascismo militante e aveva continuato a
contrastare l’azione del Pds la cui posizione neo-liberalista
diveniva essenziale per consentire il raggiungimento dell’obiettivo.
Ad Amato, dunque, venne delegata la messa in opera
del piano “privatizzazioni” ed alla magistratura (ed alla
stampa asservita al grande capitalismo) la messa a punto
dell’aggressione. Craxi ladrone? Certamente, ma non più di
tutti gli uomini del Palazzo; e di Giuliano Amato che pur
essendo stato l’ispiratore della politica socialista non è stato
raggiunto da un solo avviso di garanzia. Craxi corrotto?
Come tutti i politici che si sono alternati nella gestione politica
della colonia Italia dominata dai gruppi multinazionali
e dai loro caudatari locali non meno responsabili – in
quanto corruttori – del suo degrado morale e sociale. Ricordate?
Meglio i ladri che gli assassini. E loro – ma tutti – erano
ladri ed assassini. Ed i zelanti giudici di “mani pulite”
dove erano allora? A far carriera sulla pelle degli antagonisti.
Comunque a colludere con le cosche del potere partitocratico
». E di fronte alla scontata obiezione relativa alla
presunta “imparzialità” delle toghe impegnate in “mani
pulite” che avrebbero colpito tutti coloro che si erano resi
colpevoli del saccheggio del nostro Paese affermavo che comunque
rimanevano fuori tutti i “boiardi di Stato” ed i
“diversi” del Pds. Ed altri “diversi” ancora. E d’altronde
«era inimmaginabile, dato lo sfrenato protagonismo di certa
magistratura ed in considerazione dei giochi ad essa interni,
che una volta attivato un meccanismo d’attacco nei
confronti di taluni poteri l’ingranaggio si sarebbe bloccato e
non si sarebbe proceduto in direzione del massacro di
buona parte del “vecchio” potere.» E concludevo con considerazioni
non benevole in riguardo alla casta dei togati …
«Legibus soluti… Certamente e sciaguratamente. Tant’è
che gli intoccabili si avviano a realizzare il loro governo con
buona pace dei beoti che continuano a plaudire ad ogni Di
Pietro emergente.»
Non a caso la risposta alle mie osservazioni venne ad
opera dell’Ambasciatore Sergio Romano. E non a caso sulle
pagine de “La Stampa”, il giornale di Agnelli. Venni accusato
di complottismo. Già , il “complottismo”… Vorrei
ricordare che c’è chi da sempre di complotti vive devastando
e distruggendo uomini e popoli; c’è chi evoca ed inventa
complotti utilizzando “facitori di opinione” e giudici compiacenti
per costruire emergenze finalizzate alla conservazione
della conduzione affaristica del potere. Ebbene,
costoro, con la stessa disinvoltura con cui il boia appronta i
suoi strumenti di morte, passano ad accusare di “complottismo”
chiunque si ponga su posizioni antagoniste.
Comunque non conformiste e libertarie.
Paolo Signorelli
Gennaio febbraio 2010 n 1