Libertà dalla Stampa
L’EDITORIALE
Libertà dalla stampa
“Ma quale libertà di stampa? Ciò che occorre
è la libertà dalla stampa”. Così ebbe a sostenere
Carmelo Bene, con la sua dissacrante
causticità, parlando in presenza di numerosi,
insistenti, supponenti gazzettieri. Lo ricordava nel corso
di una Lectio brevis sull’Iran l’amico Pietrangelo Buttafuoco.
E che non si trattasse di una battuta gettata lì
tanto per épater le bourgeois dovrebbe essere ben chiaro
a tutti. Viviamo in una comunità dominata dal Grande
Fratello. Quell’orecchio che tutto e tutti ascolta, registra,
controlla, classifica ed archivia. Mai sentito parlare
di Echelon imbecilli? Eppure se ne è scritto e tutto
dovrebbe essere ben noto. Come dovrebbe esserlo per
uno dei “classificatori” tipo Facebook che nelle pieghe
del contratto di adesione pone un’esplicita causa in cui
si dice che tutto quanto pubblicato rimarrà in archivio
a disposizione dell’Intelligence.
Eppure siamo costretti ad assistere alle dispute sulle
“intercettazioni sì intercettazioni no”, quanto sì e quanto
no, sullo scenario tutto italiano in cui si muovono con
intrigante e vergognosa impudenza personaggi che di
volta in volta hanno assunto la veste di garantisti e di
forcaioli a seconda degli interessi di bottega. Basterebbe
guardare al neo-garantista Di Pietro, per rendersi conto
di quale sia il livello di certi contrasti. E basterebbe, ancora,
guardare ai gazzettieri, sempre organici con il potere
e che ora piangono per le limitazioni e le pene cui
sarebbero costretti da una legge “iniqua”. Aggettivo che
sta a significare la parziale chiusura dei rubinetti cui da
sempre attingono per svolgere la loro attività professionale.
Sì, ma la libertà di stampa…Quale? Quella che ha
consentito e consente di impalare chi è inviso alle Caste
ed in particolare, da alcuni decenni, a quella togata? Il
boia non paga mai titolavo, parafrasando Shakespeare,
ricordando Enzo Tortora. In nome della libertà di
stampa lo si massacrò ignobilmente e, a condanna intervenuta,
magistrati e cronisti giudiziari brindarono
insieme alla loro vittoria. In nome della libertà di stampa
si è sistematicamente proceduto alla diffamazione
dell’avversario ed alla sua eliminazione. Anche fisica.
Potremmo rievocare il Ponte dei Suicidi, magari in ricordo
del sindaco di Roccaraso Valentini arrestato in
una notte di ferragosto e assolto anni dopo da morto.
Un ricordo estensibile ad un’armata di sciancati vittime
di “errori giudiziari” costruiti negli Uffici delle procure
e veicolati dai cronisti sempre in attesa di notizie di prima
mano propinate loro generosamente dai falsi “corvi”
in cerca di carriera. Utilizzando quasi sempre le intercettazioni
e le dichiarazioni dei pentitisti targati
Spatuzza, di professione squaglia tori.
Che magistrati e gazzettieri si battano ad oltranza contro
qualsiasi limitazione all’uso delle intercettazioni è
più che naturale: è roba da sopravvivenza di mestieranti
che operano all’interno della triade costituita da giudici,
da guardie (mai sentito parlare di Ganzer e di De
Gennaro?) e, quindi, da informatori mediali. D’altronde
è facilmente intuibile quale potrebbe essere l’effimera
fine di gente che istituzionalmente da tempo non è
più in grado di indagare. E poi fa fatica. Specie per operatori
della stampa che non sanno cosa sia il giornalismo
d’inchiesta. A noi, che ci battiamo per i diritti e le
garanzie dei cittadini, della libertà di stampa non ce ne
fotte nulla E ai cittadini della stampa, dei giornali organici
e degli editori non gliene frega niente. La libertà di
costoro non coincide con quella del Popolo.
Altra è la sua Libertà.
Intanto vuole esserlo dalla stampa. Battiamoci insieme
per sfuggire alla tirannia di chi costruisce fortune e carriere
sulle sventure dei diffamati di turno, vittime della
mafia dell’antimafia.
Paolo Signorelli
Giugno Luglio 2010