La tessera del tifoso tra repressione e business
Per anni ci siamo interessati sulle pagine di Giustizia Giusta con un
Osservatorio speciale dello Sport in genere e del Sistema Calcio in particolare.
Per anni abbiamo difeso, unici in Italia, i diritti dei tifosi contro le angherie
del Potere e contro le violenze gratuite degli Acab in Blu.
Ricordarel’ assassinio di Gabriele Sandri, sia pure come
“caso” emblematico di atroce ingiustizia, sarebbe qui un pleonasma ed
un’offesa alla sua memoria. Abbiamo scritto di tutto, anche della tessera del
tifoso e denunciato nelle sue diverse manifestazioni il malaffare e gli interessi
mascherati da necessità di ordine sottesi all’operazione. Per questi nostri comportamenti
siamo stati più volte accusati dai camerieri e dai cretini di accendere
gli animi dei curvaroli, di essere, insomma, degli “eversori”. A parte il fatto che
a noi non ce ne frega niente dei giudizi delle anime belle di cui è a destra e a
manca strapiena la Colonia Italia, vogliamo ricordare quanto da noi scritto
sull’ultimo numero del giornale in riferimento all’aggressione istituzionale subita
da Daniele Rossi reo di avere contestatola “tessera del tifoso” e di averla –
per logica comportamentariale – richiesta se mai anche per le sedicenti forze
dell’Ordine operanti all’interno e fuori degli Stadi. Commentammo come
“esprimere il proprio pensiero, specie se questo coincide con la verità, è proibito
nello Stato del ‘pensiero unico’ dove la corruzione ed il malcostume dominano
incontrastati a tutti i livelli istituzionali e privati e dove il sistema calcio costituisce
una sorta di ‘acqua putrida’ che tutto insozza ed ingoia”.
Una considerazione finale: immaginate quale strascico mediatico continuerebbe
ad ossessionarci ad opera dei gazzettieri organici se la contestazione violenta
degli ultras nei confronti del Ministro di Polizia (ebete e sogghignante come
non mai) fosse stata fatta a Roma o a Napoli e non a Bergamo, roccaforte
dei Verdi, durante la la Festa Nazionale della Lega.
Sine verbo.