IL PENTITO E’ INFALLIBILE: NON SI TOCCA!
Pinuccio Valentino ha provato a bloccare
il pentitismo di comodo: lo hanno linciato.
Sarà che ha vissuto da difensore l’epoca buia dei collaboratori
usati negli anni detti di piombo per sconfiggere
il cosiddetto terrorismo. Tempi in cui bastava
che giuda di professione o massacratori per perversione inventassero
favole a puntate per far seppellire gli antagonisti
sotto i macigni di decenni di carcere spesso trascorsi nella
dimensione disumana disegnata dall’art.90 che ha rappresentato
l’antecedente storico del 41 bis. Lungo isolamento e
braccetti della morte nella speranza che i “cattivi” si ammorbidissero
e confessassero colpe quasi sempre non commesse.
Una generazione di giovani è invecchiata nella disperazione
delle democratiche galere, salvo poi essere in
molti casi giudicata innocente. Non è bastato il Lupo Mannaro
– alias Angelo Izzo - a far tornare alla memoria dei
benpensanti le atrocità di quei tempi. Per questo ritengo
che l’on. Valentino pur essendo di destra non abbia risciacquato
in Sinagoga la sua identità di malvagio e abbia conservato
a tondo pieno il suo garantismo. Ma anche per aver
dovuto subire, lui uomo di Calabria, le attenzioni premurose
di alcuni procuratori di Reggio. Proprio l’indignazione
deve averlo spinto ad osare la presentazione di un disegno
di legge inteso ad abolire gli eccessi da troppo tempo in voga
nei tribunali italici.
Cercando, insomma, di riportare il pentito (anche se
sempre infame) alla sua funzione di dichiarare quello che
sa (la sua “verità”) da subito, e non a cicli ritornanti, senza
appiattirsi sulle richieste interessate dei pm in carriera e sugli
interventi di altri dichiaranti alla ricerca di soldi e di benefici
premiali.
E senza che, per compiacenza nei confronti dei sempre
zelanti inquisitori, riferisca per “sentito dire” quanto appreso
da un qualche suo compare di malaffare nel frattempo
defunto.
Su Valentino si è scatenata la canea dei professionisti
dell’antimafia. Ma non solo. Anche i suoi compari di partito
lo hanno duramente attaccato. Alfano ha sostenuto che il
provvedimento non va fatto perché “non è nei programmi
di governo”. Maroni si è limitato a dire “non condivido”.
Reazioni scontate per Giancarlo Perna da parte “di chi ha
troppa carne sul fuoco”. Dal legittimo impedimento, al processo
breve, alle riforme lodative. Quelle, per intenderci, dirette
a salvaguardare il “meo particulare” dei manovratori
del vaporetto Italya.
Paolo Signorelli
N1 gg